mercoledì 26 febbraio 2014

Nirvana - Nevermind review

NIRVANA                                                    Tracklist
Nevermind                                        1. Smell Like Teen Spirit
                                                                    2. In Bloom
1991 (Geffen records)                          3. Come As You Are
Grunge                                                         4. Breed 
                                                                    5. Lithium
Line Up                                                       6. Polly
Kurt Cobain - voce, chitarra                          7. Territorial Pissing
Krist Novoselic - basso                                 8. Drain You
Dave Grohl - batteria                                     9. Lounge Act
                                                             10. Stay Away                                                                      11. On a Plain
                                                                                                   12. Something in The Way                                                                                                                    13. Endless, Nameless                                                                                      
                                                                                                                                                


Succede che la musica ci accompagni tutta la vita ripresentandosi in modo ciclico, caratterizzando ricordi o esperienze, imprimendo nelle nostre memorie ora asettiche delle remote note di sottofondo. Associamo così, in modo intimo, melodie e vissuto. Capite ora quanto sia estremamente personale la modalità con la quale certi suoni riescano a radicarsi nel nostro profondo facendo vibrare corde diverse per ognuno di noi.

Ecco, la musica dei Nirvana mi ricorda l'odore della ghiaia bagnata, il tetro colore di una foglia verde sul cielo opaco, la sensazione asfissiante del vivere nel posto sbagliato, quella malinconica del non sentirsi in sintonia con la realtà che spesso appare ingorda, ingorda della tua libertà, delle tue aspettative.
Quando quindi la musica si lega ai ricordi, è oltremodo difficile slegarsene, avviluppandosi diventa parte di noi.

Così Nevermind dirama le sue radici nella società degli anni 90' traendone dai malcontenti la linfa per crescere sino a diventare un manifesto generazionale di singolare potenza emotiva. Non si tratta quindi di un capolavoro della tecnica, tutt''altro, bensì della capacità compositiva, artistica, che risente nella quasi totalità della figura di Kurt. Si perché i Nirvana sono Kurt Cobain; chiaro e semplice.

L'apatia tipica dei coetanei di Kurt al tempo, emerge  tra i lamentosi riff di chitarra e il suo malinconico cantato nella canzone-manifesto Smell like Teen Spirit: "And I forget just why I taste/ Oh yeah, I guess it makes me smile/ I found it hard, it was hard to find/ Oh well, whatever, nevermind". Cambio di rotta con la cattivissima In Bloom, dove Novoselic al basso mena come un fabbro, segue poi Come as you  Are sostenuta da un altro riff miliare, pieno e angoscioso. La sferzata di energia con la quale Breed ci investe scema quando cullati dal caldo giro di basso in Lithium veniamo risucchiati in una atmosfera malsana e schizofrenica :"I'm so happy because today I've found my friends ... They're in my head".


La semplicità degli accordi acustici di Polly e il suo piglio mesto vengono schiacciati dalla ritmicità punkeggiante di Territorial Pissing che fa largo a Drain You, dove spiccano l'energico drumming di Dave e il suo coro con Kurt nel refrain. Altra canzone altro giro di basso per Lounge Act, poco considerata erroneamente, merita infatti il modo "tutto d'un fiato" con il quale viene cantato il ritornello, in un botta e risposta continuo tra chitarra e voce. Altra perla Stay Away dove la parte del leone la fa ancora il basso, mentre la voce acidissima e il picchiare sulle pelli creino un muro sonoro considerevole: "Truth covered in security/ I can't let you smother me/ I'd like to but it wouldn't work/ Trading off and taking turn."


Chiudono: On a Plain, Something in the Way e la ghost Track Endless Nameless. Tolta ques't ultima, una brutale miscela strumentale di grida velenose e distorsioni, le prime due contribuiscono a definire la figura di Kurt e il suo malessere dissociativo. Un Pesci che nuota controcorrente alla superficialità umana, alla sua ipocrisia, al suo ferale istinto di sfruttamento (artistico nel suo caso), al suo sommario e lapidario, quando non frivolo, modo di giudicare; portato a fondo da sentimenti di rigetto viscerale, rifiuto, disprezzo e infine compatimento. Di quelli arresi, delusi, svuotati. Continuamente in bilico tra genio e inconsistenza, al punto da perdere quasi il senso della sua esistenza. Il suo scopo. La sua motivazione.
"Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente" consapevolmente hai preteso di bruciarti in fretta, lasciando alle ceneri l'onere del ricordo.


"We can have some more
Nature is a whore
Bruises on the fruit
Tender age in bloom"

Nirvana - In Bloom

mercoledì 19 febbraio 2014

Caparezza - Ricomincio da Capa review

CAPAREZZA                                     TRACKLIST
Ricomincio da capa                           1. Prologo
                                                       2. Mea Culpa
1998 (Autoprodotto)                          3. Tutta flava e famiglia
Alternative Rap                              4. Dannata giornata di pioggia
                                                       5. Telemonezza
Artist                                              6. Mi è impossibile
Michele Salvemini - voce                    7. La tua maledizione
                                                       8. Nel paese dei balordi
                                                       9. Lavvoltoio
                                                       10. Portate altro vino                                                          11. Vivo in inquietudine
                                                          12.  Ti clonerò
                                                                                                              13. Spina nel fianco
                                                                                                              14. Con i calli sulle mani
                                                                                                              15. Amen
                                                                                                              16. Epilogo
                                       


Mikimix con questo casereccissimo demo cambia pelle, slegandosi dal  "fantoccio spacciato impegnato più nel risultato che nella partita" che era ai tempi della sua fallimentare gavetta musicale, per iniziare   la sua metamorfosi verso lo stadio conclusivo di MC tagliente e singolare oggi ben noto con il nome di Caparezza.

Premetto: son cresciuto a pane e Caparezza. Ricordo quando alle elementari ci esaltavamo tra amici sbocconcellando le parole delle canzoni dell'album Verità Supposte nel tragitto casa-scuola scuola-casa; ricordo di quanto mi stesse simpatico quel capellone dai modi tanto esagitati, quasi fosse una scoppiettante confezione di popcorn -colma di invettive ilarità- a cui tanto -allora- non badavo.
Insomma era musicalmente orecchiabile, quello mi bastava.

Detto ciò con Ricomincio da Capa il neo-nato cantante Molfettese inverte drasticamente la rotta disconoscendo il suo passato artistico senza risparmiarsi un colpo, spara su tutti caricando una massiccie dosi di risentimento astioso; canzoni quali Mea Culpa (faccio il mea culpa di una situazione che / mi aveva tolto la gioia di vivere.) oppure L'avvoltoio (bussi ancora una volta all avvoltoio, baratti una speranza col tuo poco orgoglio) denotano questo sentimento bruciante di rinascita punto poi  cardine dell'album.

Telemonnezza, Con i Calli sulle Mani, Nel Paese dei Balordi sono invece le prime avvisaglie compositive di stampo critico/canzonatorio con le quali Caparezza riesce sapientemente a miscelare tra le strofe, fiale al vetriolo e toni  burleschi. Veramente caratteristiche inoltre  anche Dannata giornata di Pioggia e Vivo in Inquietudine, che viaggiano su binari diversi da quelli della critica sociale e pongono il focus su considerazioni introspettive della realtà nella quale viviamo. Mi sento di dare una nota di merito a Mi è impossibile, lode alla musica nascosta però tra le rime baciate di un testo che potrebbe star descrivendo tutto al fuorchè di questa. Veramente meritevole.

Bisogna dare atto a Caparezza per quanto inusuale sia il suo modo di fare "hip hop" della sua prismatica destrezza linguistica e della sua grande cultura. Delineando in generale questo suo primo lavoro si riscontra un potenziale davvero enorme ma una limitatezza -risicata- per quello che concerne la maturità di alcune tracce. Normale quindi per un album autoprodotto d'esordio decisamente apprezzabile nonostante le imperfezioni, levigate egregiamente nei due album seguenti. Insomma una capacità espressivo/compositiva sicuramente originale e una prosa efficacemente -come dire- rispecchiante dei tempi nostri. Forse più vostri, o meno miei.


"Son due ore che cammino sotto il sole
ho un sassolino nello stivale che mi fa male
ma lo lascerò
perchè convivo con i problemi che ho
e lo so, e che il vento non ne ruberà nemmeno un po'
a questa vita che va avanti
inghippo dopo inghippo
sul palco tragicomico
come De Filippo mi destreggio
so che se va male mi può andare andare pure peggio
mi faccio coraggio
e se c'è veleno omaggio, come ostaggio, lo assaggio"


Caparezza - Vivo in Inquietudine





domenica 9 febbraio 2014

Talkin'bout - The Big Lebowski

REGIA: Joel Coen
ANNO: 1998
DURATA: 117 min.
GENERE: Commedia 
TRAMA (con parole mie): Le sonnecchianti e spensierate giornate di Jeffrey Lebowski, detto il "Drugo", passate alla buona tra il bowling con gli amici, qualche spinello e ingenti bevute di White Russian vengono bruscamente scosse dalla irruzione in casa sua di due sicari, in cerca del Sig.Lebowski.
I due si accorgono di essere incappati in un caso di omonimia e lasciano quindi la casa del Drugo, senza prima però pisciarli sul tappeto. Quest'ultimo non digerisce la cosa, quel tappeto "dava proprio un tono all'ambiente"; decide quindi di farsi risarcire dal magnate omonimo andando a cacciarsi in una serie di capicollanti vicende alla quale prendono parte i più grotteschi e schizzati dei personaggi che abitano questa singolare Los Angeles degli anni 90'.


Must. Capolavoro. E potrei fermarmi qui, come forse farebbe il Drugo; senza stare a dilungarmi in un torrente di vocali che sarebbero un dispendio di preziosa energia. Troppa fatica, non trovate? Perché star qui a digitare quando le sequenze del Nostro sono molto più eloquenti. Perché descrivere a parole quello che potreste benissimo vedere con i vostri occhi, perché...beh scusatemi, "sto incominciando a vaneggiare".

Perché ne è valsa la pena, ecco perché. In tutto il film non c'è un dialogo banale, un personaggio di nicchia, un calo qualitativo, tutto si mantiene sulla stessa elevatissima, spassosissima soglia della epicità. Una carovanata senza fine di scene memorabili, da Oscar, colme di ironia e realismo, spinte fino al goliardico e vergenti spesso al morale. Non puoi non innamorarti del Drugo ("Drughetto Drugantibus oppure Drughino se è di quelli che mette il diminutivo ad ogni costo"), della sua filosofia vita Zen, con qui si lascia scorrere le cose addosso, spostandosi appena il passo necessario per evitare di rimanere schiacciato; restando sempre tranquillo.
Oppure non può non piacere Walter (John Goodman), ex veterano del Vietnam, un pazzoide invasato che ha visto "crepare i suoi compagni con la faccia nel fango" e di conseguenza filtra tutta la realtà in relazione ai tempi della guerra, comportandosi da irascibile soldato nostalgico, regalandoci una dopo l'altra perle cinematografiche.

I Coen sono riusciti magistralmente a dare spessore al cast intero, bisogna dare loro merito anche di questo, oltre che della musiche, dei dialoghi, delle inquadrature tutte magistrali. Ci si sganascia dalle risate quando assistiamo all'entrata in scena  di Jesus Quintana (John Turturro); uno dei più alti momenti artistici del film. Poi ancora il "moralmente inossidabile" magnate Lebowski, il servilismo impacciato del suo fidatissimo Brandt, AKA Seymour Hoffman (R.I.P.) la civetteria mignottesca della moglie Bunny. Entrano in gioco in seguito la figlia del Sig.Lebowski, Maude, una pittrice super radicalchic che sa il fatto suo e la mitica banda dei Nichilisti (di cui uno è interpretato da nientedimeno che un sobrissimo Flea), con il quale avrà il suo bel daffare Drugo.

Ma non solo, si potrebbe scrivere libri interi per ogni situazione o personaggio, talmente ogni attimo è carico, sentito, elaborato studiato per trasmettere ora un messaggio, far ridere, far pensare. Già perchè per me questo è Il Grande Lebowski, una grossa favola, è raccontato come una favola, inizia e finisce come le favole. Resta impresso nella memoria come le favole.
E come tutte le favole ha il suo eroe, Il Drugo.
Che la prende come viene.
Ci insegna  quanto sia necessario, in questo mondo popolato da tanti Nichilisti dalla voce grossa schivare il colpo piuttosto che pararlo. godendoci in tutta tranquillità le cose semplici della vita, facendo quello che più ci sentiamo di fare e di essere. Uno sbandato, il Drugo. Ghiro nella foresta degli Orsi.
Certe volte tu mangi l'orso e altre volte, beh, è l'orso che ti mangia.
Una storia di strike e palle perse nella grande pista da bowling dell'esistenza.



"I may never see you again
'cause I get a peaceful, easy feeling
and I know you won't let me down
'cause I'm already standing on the ground
'cause I'm already standing...
on the ground
oooo, oooo"

The Eagles - Peaceful Easy Feeling

domenica 2 febbraio 2014

Motorhead - Ace of Spades review

MOTÖRHEAD                                      TRACKLIST
Ace of Spades                                     1. Ace of Spades
                                                          2. Love Me Like a Reptile
1980 (Bronze Records)                         3. Shot You in the Back
Hard Rock                                           4. Live to Win
                                                          5. Fast and Loose
                                                      6. (We Are) The RoadCrew Line Up                                             7. Fire Fire
Lemmy Kilmister - basso, voce            8.Jailbait
Eddie Clarke - chitarra                         9. Dance
Phil Taylor - batteria                            10. Bite The Bullet
                                  11. The Chase Is Better Than The Catch
                                                          12. The Hammer
Massici precursori del Metal, diavoli del rock'n'roll e dalla indole punk fino al midollo i Motorhead tirano fuori dai loro sbiaditi e vissuti cappeli da cowboy un vero e proprio candelotto di dinamite sonora pronto a deflagrare nel profondo della vostra testa. Suona micidiale oggi, a trent'anni di distanza, figuriamoci cosa non dovesse essere ascoltarlo ai tempi, "volevamo essere la peggiore e più rumorosa band del mondo", ditemi voi se non hanno centrato il bersaglio dritto negli occhi.

Tutto l'album riecheggia di forti iniezioni western, nello spirito, dalla eloquente copertina passando per le atmosfere fumose e sudate degne del peggior Saloon messicano. Ma occhio qui non si parla di country music quanto del più possibile alcolizzato lascivo sbandato menefreghista e senza freni Hard rock. "Born To Lose, live To Win " questa è la filosofia Motorhead, vivere la propria vita al massimo, senza pensare al dopo, godersi fino alla ultima goccia e fornicare fino a tarda notte. Saltare in sella, mettersi di nuovo on the road e ricominciare da capo più affamati di prima. No remorse.

Cavalchiamo a briglie sciolte con l'opener/masterpiece  Ace of Spades sostenuti dal vento sferzante dei riffs di Clarke, la batteria ossesiva sullo sfondo e Lemmy, con il suo tipico timbro biascicante al Jack Daniels sopra tutti.  Da qui fino alla fine la formula è la stessa, almeno generalmente. La riconosci dopo l'attacco, da molto molto lontano pure. Superando l'energico assolo di Love Me like a Reptile e la potenza brada di Shoot You in the Back arriviamo frastornati alle due tracks/testamento di maggior impatto.

Live To Win e (We are) The Road Crew che esprimono egregiamente il modus vivendi senza compromessi alcuni della quale è pregna tutta l'opera di Lemmy & co. Via così, tra assoli taglienti e drumming piccantissimo sino alla spaccaculi The Hammer, che ci lascia annaspare, con il suo incedere inarrestabile. Ogni volta che ascolto questa perla la mia fantasia galoppa tra roadies dai seni prosperosi, serpenti a sonagli, fumi d'alcool (e non solo) scorribande in Harley e lussuria tremendamente volgare.
Prender di petto i problemi della noiosa vita reale e schiacciarli sotto il più godibile peso dei vizi.
"I vizi si pagano come saprà anche lei" diceva qualcuno, Lemmy i suoi, li ha pestati tutti con la punta del suo stivale. Fin sottoterra.

"Another town another place,
Another girl, another face,
Another truce, another race,
I'm eating junk, feeling bad,
Another night, I'm going mad,
My woman's leaving, I feel sad,
But I just love the life I lead,
Another beer is what I need,
Another gig my ears bleed,
We Are The Road Crew"


(We Are) The Road Crew .

domenica 26 gennaio 2014

Slayer - Show No Mercy review

SLAYER                                          TRACKLIST
Show No Mercy                                1. Evil Has No Boundaries
                                                        2. The Antichrist
1983 (Metal Blade)                             3. Die By The Sword
Black                                                4. Fight Till Death
                                            5. Metal Storm/ Face the Slayer
Line Up                                            6. Black Magic
Tom Araya - voce, basso                     7. Tormentor
Jeff Hanneman - chitarra                     8.  Final Command
Kerry King - chitarra                           9. Crionics
Dave Lombardo - batteria                    10. Show No Mercy




In delle più prolifiche annate per il Metal con uscite del calibro di Kill 'Em All, Piece Of Mind, Holy Diver e tanti altri spicca per la vorace velocità, ma non solo, Show No Mercy. I quattro thrashers della soleggiata Bay Area californiana (incubatrice di altri mostri sacri del genere quali Metallica Megadeth Exodus, per citarne alcuni) affondano le loro radici stilistiche in quella che è stata la NWOBHM (New Wave Of British Heavy Metal) della quale però piegano gli stilemi arrivando alla definizione di uno stile oltremodo velenoso e micidiale.

In soldoni, hanno traghettato l' Heavy Metal verso lidi ancora più estremi. Tutto in questo album a partire dalla eloquente copertina sino alla puerile banalità dei testi è volutamente dissacrante blasfemo satanico ed oltranzista; sicuramente debitore diciamocelo, di volute scelte di marketing.
Inutile infatti specificare quanti furono i bigotti e le organizzazzioni religiose a scagliarsi indignate contro gli Slayer accusandoli di satanismo e tutte quelle altre cazzate alla quale le marmaglie benpensanti paiono tenere molto.

La rapidissima coppia King/Hanneman macella nota dopo nota sfoderando riff taglienti, Araya con i suoi belfagorici acuti fa sanguinare sfumando una track dopo l'altra ora di perdizione ora di insopportabile tormento mentre maltratta il suo basso (spesso purtoppo in secondo piano). Alle pelli uno dei, se non il, migliore batterista metal; il  Maestro Dave Lombardo. Nonostante non faccia utilizzo del doppio pedale in questa release (mi pare) martella instancabile trascinando in un prorompente impeto di potenza tutta la band.

Ancora acerbo, grezzo nei contenuti e nella produzione ma chiarissimo negli intenti Show No Mercy
resta uno dei migliori lavori del quartetto, rampa di lancio per capolavori successivi è tecnicamente più maturi quali Hell Awaits, Reign In Blood e South of heaven. Non si può restare indifferenti al cospetto di tanta energia primordiale, Colpisce forte, colpisce duro. Dritto sul muso.

domenica 19 gennaio 2014

Slipknot - Slipknot review


SLIPKNOT                                    TRACKLIST
Slipknot                                         1. 742617000027
                                                     2. (Sic)
1999 (Roadrunners Record)             3. Eyeless
Alternative/Nu Metal                        4. Wait and Bleed
                                                     5. Surfacing
 Line Up                                        6. Spit it Out
Corey Taylor - voce                          7. Tattered and Torn
Mick Thomson - chitarra solista        8. Frail Limb Nursery
James Root - chitarra ritmica            9. Purity
Craig Jones - campionatore              10. Liberate
Paul Gray - basso, cori                    11. Prosthetics                         Joey Jordison - batteria                    12. No Life
                                                        Shawn Crahan - percussioni, cori      13. Diluted
                                                        Chris Fehn - percussioni, cori           14. Only one
                                                        Sid Wilson - dj                                 15. Scissors                                                                                                                                           16. Me Inside    

Fin dove può spingersi la follia umana ?, di quanta violenza siamo capaci ?, quanto può risultare opprimente il sistema entro il quale ci muoviamo, esistiamo, sopravviviamo...
Ma sopratutto, qual'è il prezzo da pagare per poter essere se stessi, cercando la propria ancora di salvezza dal giudizio, dal condizionamento, dalla omologazione di massa?
Sta tutto nell'album d'esordio dei nove macellai di Des Moines, Iowa.

Violenza corrosiva come se piovesse, veicolo d'espressione di una rabbia interiore è sicuramente uno  dei modi per definire questo piccolo portento formato CD. Forse però non rende abbastanza l'idea.
Misogino, brutale, dissacrante e claustrofobico aiutano a definirlo meglio ma preparatevi ancora al peggio perchè fino a quando non vi sarete resi conto della aggressività di brani dello stampo di Spit it Out o Surfacing per citarne due a caso; vien difficile immaginare qualcosa di più spaccatimpani.

Slipknot mischia elementi metal, rap e industrial con un cantato che spazia tra il growl e il melodico (grazie alla versatilità vocale di Corey), potendo vantare una sezione ritmica d'impatto entro la quale spicca senza dubbio il drumming di Joey Jordison, un vero mostro quando si tratta di ricreare veri e propri terremoti uditivi. Sono nove, nessuno superfluo. Il lavoro alla console di Sid contribuisce a dare una seconda dimensione al disco, mentre le due chitarre insieme alla già citata batteria danno vita a intro e riff spaccaossa. Le percussioni Shawn e Chris sono animali da palcoscenico estremamente rumorosi, nulla da dire.

Brani come Wait and Bleed o Purity valgono da soli tutto l'album, è sono espressione della a tratti emblematicità dei testi degli Slipknot, non sempre infatti il messaggio che può esserne ricavato è strettamente connesso con il testo, intendo dire che non siamo davanti a, come amano definirlo alcuni "Un gruppo di pagliacci mascherati" ma a delle vere teste calde che hanno sotto la maschera qualcosa da rigettare in faccia al mondo con tutta l'astiosa delusione possibile.

Una rabbia così sentita che sfiora il contagioso, ci si può facilmente immedesimare nei loro testi sentendo il sangue ribollire nelle vene. Il messaggio? beh, questa è la mia visione: quello che conta è essere se stessi, contro tutto e tutti, poco importa se questo comporta l'emancipazione, il rifiuto, il disprezzo o la solitudine. Il mondo può rivelarsi bastardo, la soluzione è esserlo più di lui.
Dispatia in musica.

"You can't kill me 
'Cause I'm already inside you"
(Sic)





lunedì 13 gennaio 2014

Black Sabbath - Black Sabbath review


BLACK SABBATH                          TRACKLIST
Black Sabbath                               1. Black Sabbath
                                                    2. The wizard
1970 (Vertigo)                                3. Behind The Wall of Sleep
Heavy Metal                                  4. N.I.B
                                                  5. Evil Woman (Crow cover)
                                                    6. Sleeping Village 
Line Up                                      7. Warning                                     Ozzy Osbourne -Voce                 
Toni Iommi -Chitarra
Geezer Butler -Basso
Bill Ward -Batteria


 Secondi di silenzio, assoluto, poi, la pioggia scrosciante, che sinuosa  evoca un sentiero fangoso, sullo sfondo un campanile in rovina, rintocchi, di morte...il fulmine e poi IL TUONO!
 L'intro languido di Iommi, la batteria lenta, cadenzata, crash crash crash, le dita di Geezer pugnalano a sangue il basso. Infine tutto si quieta, assume un ritmo tra il mistico e il tribale, lasciando spazio alla tenebrosa voce del nostro unico è solo signore delle tenebre: 0zzy.

What is this that stands before me?
Figure in black which points at me
Turn around quick, and start to run
Find out I'm the chosen one

Oh nooo!

Gemma d'onice  nella corona della trinità del Metallo (in cui sono incastonati  Led Zeppelin e Deep Purple) i Black Sabbath  si vedono consegnati alla storia con uno degli album più fottutamente pesanti e innovativi del decennio allucinato 60'-70' prima  e di tutta la storia della umanità poi. Contenutisticamente parlando ricorrono elementi di natura esoterica, figure echeggianti la più agghiacciante fantasia medioevale, omaggi allucinati e l'immancabile track di denuncia alla più venale e consumista delle società. Tutto incorniciato dalla costante e palpabile sensazione di angoscia, caduta, perdizione, tormento.

Per quello che riguarda la sezione strumentale nulla è paragonabile alle atmosfere mefistoteliche  e plumbee dei primi Sabbath; il basso di Butler non molla mai, picchia instancabile quando non sostiene con la sua tetra pienezza l'operato di Iommi e Ward. Questo (Ward) oltre ad essere la mente di tutto il carrozzone (ricordiamo fu lui ad influenzare gli altri con la sua passione per l'esoterismo) contribuisce a rinforzare colpo su colpo il loro marmoreo wall of sound . Il tiro dal dischetto tocca però senza dubbio  alcuno a Iommi e Ozzy.

Il primo, beh è IL PADRE del Metal, pochi cazzi, ascrivibile senza iperboli di sorta allo status di divinità metallica, privato delle due falangi rispettivamente del medio e dell'anulare sarà costretto ad abbassare di un semitono l'accordatura dando origine ad un suono oltremodo funereo. Come se non bastasse non esisterà poi riff che Iommi non avesse già inventato.

Altra icona istituzionalizzante è infine Ozzy, istrione, una leggenda tra il più oscuro e la più giocosa se non a tratti infantile vivacità. Un uomo (forse..) dotato  di una voce dalla grande capacità evocativa e comunicativa.

Insomma una pietra miliare destinata a durare fino alla fine dei tempi, figlia di un talento creativo/compositivo di spessore, mai banale o scontato, un disco che è Heavy ma anche Doom, a tratti Stoner, Dark, d'ambiente...che ha spianato la strada a band quali  Iron Maiden Judas Piest e  tantissimi altri. Un febbrile purgatorio per la tua anima persa nelle traffiggenti note di questo capolavoro Oh nooooooooooooooooooo!....